Lo slogan di una pubblicità che ha fatto la storia, in oltre mezzo secolo di televisione italiana, diceva “basta la parola”. E allora ci perdonerete se la prendiamo in prestito – magari indebitamente – per affiancarla ad un posto che, per l’appunto, non ha bisogno di spiegazioni, di note a margine: il ristorante “Canonici”.
Perché dire “Canonici” vale già tutto, non occorre aggiungere altro. Perché “canonico” si rifà alle consuetudini, alle tradizioni, ai canoni. E i canoni del ristorante sito a Roccelletta di Borgia sono fedeli alla nostra storia, alla cucina, colonna portante del territorio calabrese.
Tuttavia, seppur legato alle radici, “Canonici” tiene sempre aperta una finestra sull’innovazione, sui nuovi concetti di cucina, tra specialità di terra e mare, sempre avvalendosi della freschezza e della stagionalità. Il “sottotesto” indicato, d’altronde, non mente: “materie prime”!
Questo è il concetto di cucina proposto, nella sua trentennale esperienza, dal titolare Rosario Cardamone.
A tradurre la qualità dei prodotti in portate, colui che opera in regia, impegnandosi tutti i giorni a regalare emozioni per il palato, dalla cucina fino alla sala. Perché una ricetta fondamentalmente non ha anima: è lo chef a infondere anima nella ricetta. La sua anima.
Ci riferiamo a Giuseppe Bianco, chef di “Canonici”, alla base del cui operato vi è – manco a dirlo – il rispetto della tradizione nel trattare materie prime di qualità, tra carne e pesce.
“Il mio pensiero di cucina? Sicuramente non può prescindere dal cercare lavorare sulle materie che mi offre il territorio”, ci dice, con gli occhi vivi di chi ama quel che fa e vuole infondere passione, con i suoi piatti.
Un ragazzo giovanissimo (appena ventiquattro anni), che ha vissuto tra Locri, Siderno, Roccella e Guardavalle, dove ha collezionato esperienze in cucina, anche da sous chef. Insomma, un “giovane veterano”, che ha fatto ritorno a Catanzaro, sua città natale. “Ai ‘Canonici’ mi sono trovato benissimo da subito, perché insieme allo staff abbiamo intrapreso un importante percorso, mirato a fare sempre meglio”, sostiene chef Bianco.
Chiedere a un bimbo “vuoi più bene al papà o alla mamma?” è il modo per metterlo in difficoltà, perché un figlio non avrà mai una risposta a tale domanda, retorica e forse irriverente. Vale per un figlio, vale per un padre. E un cuoco è “padre” delle sue creazioni, dei suoi piatti: “Non posso dire di avere un piatto in particolare al quale io sia affezionato – glissa lo chef -. È come l’amore di un padre per i figli! Non esiste un figlio preferito, prediletto. Sono tutti uguali! Certo, ogni piatto ha bisogno di cura, passione, amore”.
Non solo. La chiave di lettura di chef Giuseppe si estende ad un altro aspetto, preponderante: l’importanza dello studio, l’importanza di aggiornarsi, mettersi in discussione e non smettere mai di formarsi: “Nei piatti occorre sempre amore, sì, ma è necessario dedicare del tempo allo studio”, ammette a tal proposito.
Una volta trascorso il periodo delle festività pasquali, l’estate potrà ritenersi alle porte, sebbene possa apparire prematuro proiettarsi alla bella stagione. Giuseppe Bianco, però, non svela le carte, preferisce non anticipare nulla circa le novità che vorrà proporre “Canonici”: “Stiamo lavorando sul menu nuovo ma non posso (e non voglio!) sbilanciarmi – sostiene, con ironia -. Nel giro di due mesi, alle porte dell’estate quindi, indubbiamente cambieremo qualcosa, puntando sempre su un prodotto fresco, sulla stagionalità”.
Sì, materie prime stagionali è il leitmotiv di “Canonici” e dello chef Giuseppe Bianco: un connubio che vive di empatia, di intesa e ciò lo si percepisce a tavola, restando stupiti dall’intensità dei sapori, dei profumi. Non è cucina, è passione.
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